Alibi, convinzioni e pregiudizi: ostacoli all’ascolto attivo

01/12/2020 • Articoli


Il potenziamento della competenza “Ascolto attivo”, passa anche attraverso l’ascolto e la conoscenza di noi stessi come persone, prima ancora che come coach. Le interferenze esterne all’ascolto attivo (interruzioni, distrazioni, rumori di fondo, telefoni che squillano) possono essere facilmente evitate e gestite. Le nostre personali interferenze interne sono invece molto più difficili da gestire e molto più invasive (ansia da prestazione, sfiducia verso di sé, emozioni o pensieri ingombranti). Necessitano infatti di un primo passaggio attraverso la consapevolezza di quali possano essere i nostri ostacoli interni ed un ulteriore passaggio di gestione di questi ostacoli. Particolarmente intrusivi nell’ascolto attivo sono alibi, convinzioni e pregiudizi. Ciascuno di noi possiede i suoi, nessuno ne è totalmente esente, sono umanamente presenti e potrebbero generare effetti fortemente limitanti. Intendo per alibi, quelle scuse che ci deresponsabilizzano e che generiamo per abitudine, timore o autoprotezione. Immaginando una possibile situazione, può darsi che mi dica che io non sono in grado di tenere sessioni con qualcuno (ad esempio con chi ricopre un ruolo più alto del mio, o con un certo tipo/target di coachee). Le convinzioni nascono dalla certezza di qualcosa che spesso non deriva dall’esperienza, ma da generalizzazioni acquisite anche culturalmente o ereditate, talvolta familiarmente. Le convinzioni limitanti mi terranno bloccato e non mi faranno procedere verso il mio sviluppo (es. se non vengo dal mondo HR non sarò un coach credibile, se non sono laureato non posso fare carriera). Anche le convinzioni, come gli alibi, possono inibire l’azione, l’esperienza e il nostro potenziale. I pregiudizi generano appunto un pre-giudizio che può nascere da una esperienza limitata ad una caratteristica o una caratterizzazione di un tipo di persona, che poi viene generalizzata a molti (es. tutti quelli che hanno un tatuaggio sono dei delinquenti) o all’estensione di una caratteristica all’intera persona (es.uomo/donna molto bello = probabilmente stupido/a). Se ho questi pregiudizi e il mio coachee è molto bello e tatuato, potrei essere condizionato nella mia neutralità e attivare un ascolto selettivo e giudicante anziché attivo.

E’ facile comprendere come questi ostacoli possano frapporsi tra noi e l’altro, inquinando lo spazio nel quale fluiscono l’ascolto, la percezione, l’emozione e come possano deviarci, limitando la possibilità di vivere in modo neutrale ed empatico il nostro essere coach. Pulire la mente e il cuore dalle limitazioni personali, sospendere il giudizio in sessione è a volte complesso, ma allo stesso tempo allenabile, potenziante, di grande effetto sulla nostra professionalità e sul supporto che possiamo offrire al nostro coachee.

Come farlo? Un modo immediato che utilizza le nostre stesse competenze di coaching, può essere quello di notare se e quando questi ostacoli intervengono in sessione, tenerne traccia a posteriori, guardarli in faccia, dargli un nome e chiedere al nostro mentore o ad un collega coach di lavorarci su, con una o più sessioni.

 

Autore Fabrizia Ingenito, PCC

Relatore al webinar “Alibi, convinzioni e pregiudizi: ostacoli all’ascolto attivo” - 19/10/2020

Foto fonte: focusjunior.it

Alibi, convinzioni e pregiudizi: ostacoli all’ascolto attivo